Il 2025 è un anno speciale per milioni di persone in tutto il mondo: è l’anno del Giubileo. Roma è al centro dell’attenzione, con pellegrini che arrivano da ogni parte del mondo per vivere un’esperienza di fede, perdono e rinnovamento spirituale.
Ma cos’è davvero questo evento così importante per la Chiesa cattolica, e perché ha ancora senso parlarne oggi?
Per capirlo, bisogna fare un salto indietro di qualche millennio, fino all’Antico Testamento.
Il termine "Giubileo", infatti, affonda le sue radici proprio nella Bibbia. Il libro del Levitico, ci parla di un anno speciale che si celebrava ogni cinquant’anni in Israele. Era un tempo sacro in cui gli schiavi venivano liberati, i debiti cancellati, le terre restituite ai loro proprietari originari e la terra lasciata a riposo. Il nome stesso deriva dall’ebraico "yobel", che indicava il corno di montone usato per proclamare questo anno straordinario. In quell’antico contesto, il Giubileo non era solo un rito religioso, ma un gesto sociale e politico di enorme portata, che ristabiliva l’equilibrio e permetteva a tutti di ricominciare da zero.
Nel mondo cristiano, l’idea di Giubileo prende forma nel 1300, quando Papa Bonifacio VIII istituì il primo Anno Santo. In quel periodo, una moltitudine di pellegrini arrivava a Roma in cerca di perdono e speranza. Il Papa rispose aprendo loro le porte della misericordia: chiunque si fosse recato nelle principali basiliche romane e si fosse confessato avrebbe ottenuto l’indulgenza plenaria, cioè il perdono completo dei peccati. Il successo fu tale che si decise di ripetere l’esperienza. Inizialmente ogni cento anni, poi ogni cinquanta, fino ad arrivare alla cadenza attuale di un Giubileo ogni venticinque anni, in modo che almeno una volta nella vita ogni fedele potesse viverne uno.
Durante l’anno giubilare a Roma vengono aperte le Porte Sante delle quattro basiliche principali: San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. Attraversare queste porte non è solo un gesto fisico, ma spirituale: rappresenta il passaggio da una vita segnata dal peccato a una rinnovata dal perdono. In quell’anno i fedeli sono invitati a compiere pellegrinaggi, a confessarsi, a riconciliarsi con Dio e a dedicarsi a opere di carità.
Al primo Giubileo parteciparono anche molti artisti, tra i quali emerge Giotto di Bondone, uno dei più celebri pittori del tempo. Anche se non esistono documenti certi che confermino la sua presenza diretta al Giubileo del 1300, è attribuito a lui un antico affresco nella Basilica di San Giovanni in Laterano, che raffigurerebbe Bonifacio VIII nell’atto di proclamare l’Anno Santo. Secondo un celebre aneddoto riportato da Giorgio Vasari nel XVI secolo, Giotto dimostrò la sua abilità artistica tracciando a mano libera un cerchio perfetto, gesto che convinse papa Bonifacio VIII a commissionargli il lavoro. Si tratta dunque, della prima raffigurazione del Giubileo.
Immagine da https://www.storicang.it/a/citta-santa-primo-giubileo_14781
Nel corso dei secoli i Giubilei hanno attraversato diversi momenti storici. Il Giubileo del 1500 indetto da Papa Alessandro VI è stato il primo ad inaugurare il rito dell’apertura simbolica della Porta Santa. Quello del 1950 con Papa Pio XII, in un mondo ancora ferito dalla Seconda Guerra Mondiale, fu vissuto come un grande momento di rinascita spirituale. Il Grande Giubileo del 2000, voluto da Papa Giovanni Paolo II, ha rappresentato un ponte tra due millenni e ha coinvolto milioni di pellegrini da tutto il mondo. Più recente è il Giubileo straordinario della Misericordia del 2015, indetto da Papa Francesco, che ha voluto portare il significato dell’Anno Santo anche fuori da Roma, aprendo Porte Sante in tutte le diocesi del mondo.
Parlando di attualità: il Giubileo 2025 sfrutta la tematica dei “Pellegrini di speranza”. In un mondo segnato da guerre, crisi ambientali, migrazioni e aumento della povertà, il messaggio lanciato da Papa Francesco consiste nel camminare insieme e ritrovare la speranza. È un invito a mettersi in cammino tutti insieme non solo fisicamente, ma anche interiormente.
La celebrazione dell’Anno Santo non è rivolta esclusivamente ai credenti, ma anche a coloro che si trovano distanti da Dio. Il Giubileo è, in fondo, un invito universale a ricominciare. Un’occasione per fermarsi, riflettere, guarire ferite interiori, perdonare sé stessi e gli altri. In un mondo come quello odierno che spesso appare divisivo e ingiusto è necessario creare un momento che metta al centro il perdono, la riconciliazione e la solidarietà.
Il Giubileo è, da oltre duemila anni, una storia di speranza. Un periodo speciale che può toccare la vita di ciascuno di noi. Può essere un’occasione per perdonare qualcuno, per prendersi cura degli altri, per scegliere ciò che è davvero importante, anche senza la necessità di attraversare una Porta Santa.
E voi conoscevate la storia secolare del Giubileo? Avete mai partecipato ad uno in particolare?
Quando arrivi in Sicilia solleva gli occhi verso i balconi più colorati delle nostre città: fiori variopinti colpiranno certamente il tuo sguardo, ma potrai anche scorgere due teste umane.
Di cosa parliamo?
Di teste di ceramica, un uomo e una donna. Loro sono le famose teste di moro e questa è la loro storia.
Era l'anno Mille e nel quartiere arabo di Palermo, Al Hàlisah, abitava una donna. Una di quelle che trascorreva molto tempo in casa accudendo le sue adorate piante.
La sua quotidianità, però, un giorno venne stravolta da un uomo, un bel moro che, passato sotto il balcone di lei, si invaghì della donna. E il sentimento fu presto ricambiato.
Il loro amore era più forte che mai, sfidava le antiche convenzioni sociali. Chi mai avrebbe potuto accettare che la propria figlia palermitana e cattolica avesse una relazione con un uomo orientale e musulmano in pieno Medioevo?
Eppure si amavano e trascorrevano lunghe giornate insieme. Finché il grosso segreto che lui le nascondeva da sempre venne a galla: lì, nel suo paese lontano dall'isola italiana baciata dal sole, lui aveva già una moglie e dei figli.
Questo segreto gli costò davvero molto: dal momento che lui le aveva dichiarato l’intenzione di voler tornare nella propria patria, di notte, quando era più vulnerabile, lei lo uccise tagliando via la testa dal suo corpo. Solo così lui sarebbe rimasto per sempre con lei.
Ma cosa poteva farsene di quella testa senza un corpo?
La donna pensò di metterla lì dove avrebbe sempre potuto vederla e continuare ad amarlo: in un vaso contenente un germoglio di basilico.
Peraltro sapeva bene che il nome della pianta derivava da un termine greco (basilikos, ovvero sovrano), il che le conferiva un'aura di sacralità.
Ogni giorno, sul balcone, le lacrime di lei irrigavano la pianta che, poco a poco, si fece sempre più bella e rigogliosa tanto da fare invidia a tutti i passanti.
È per questa ragione che molti si fecero realizzare vasi a forma di testa umana da appendere ai balconi.
Insomma la donna perse la testa e la fece perdere anche a lui!
Secondo un'altra versione della leggenda, però, i due furono due amanti sfortunati: entrambi decapitati per aver consumato questo amore impossibile. La vergogna del loro gesto fu sottolineata, dunque, dall’affissione delle teste su un balcone, come monito per chiunque avesse voluto provarci.
Ecco perché oggi queste teste, più o meno colorate e realizzate dalle abili mani dei ceramisti siciliani, non solo ornano case, palazzi e alberghi di tutta la Sicilia, ma possono anche essere indossate sotto forma di gioielli.
Un souvenir perfetto per portare un po' della nostra assolata isola con sé!
Dopo il grande successo delle edizioni precedenti, cala il sipario anche sulla terza edizione dell’Aci Cultural Festival, rivelandosi un grande successo!
Ancora una volta noi dell’Associazione Culturale Stoà Sicula abbiamo posto al centro della discussione il tema del turismo esperienziale, esplorando il suo ruolo chiave nella valorizzazione e nella rinascita culturale di Acireale e del territorio circostante.
Anche quest’anno, gli interventi dei relatori hanno toccato una vasta gamma di argomenti, tutti accomunati dall’obiettivo di promuovere un nuovo tipo di turismo che risulti essere innovativo, originale e autentico. Grazie all’immenso patrimonio culturale, materiale e immateriale, che il nostro territorio possiede e custodisce, abbiamo cercato di dimostrare come nuove tipologie di esperienze ben curate possano generare un impatto significativo su residenti, visitatori locali e turisti esteri.
Oltre agli interventi e ai dibattiti avvenuti all’interno della sala conferenziale, molto apprezzati sono stati anche i numerosi workshop che si sono susseguiti nel corso delle due giornate del festival.
La degustazione di pani speciali, realizzati con farine di grani antichi siciliani del Panificio San Salvatore in abbinamento all’olio evo di Sciabacco, la mostra delle materie prime e la degustazione delle birre di OBS Officina Brassicola Siciliana e l’estemporanea d’arte con i coriandoli curata dall’associazione culturale Coriandolata e dalla loro presidente Vera Pagano.
Degustazione di pani speciali del Panificio San Salvatore e l'olio di Sciabacco
Degustazione birre di OBS Officina Brassicola Siciliana
Associazione culturale Coriandolata
Molteplici sono state le attività laboratoriali ed esperienziali svolte nel corso della giornata domenicale: il laboratorio “Pitture nella preistoria” curato dalla dott.ssa Paola Dantoni, la food experience con la Cesarina Marilù, i balli storici di CNDS SCHOOL “La Redingote” affil. Compagnia Nazionale di Danza Storica, la Cosmetics Experience in collaborazione con Bio Boutique, il laboratorio di Cartapesta curato dai maestri Danilo Amico e Raimondo Russo e l’”Officina del vasaio”, laboratorio di lavorazione dell’argilla ideato e curato dai membri della nostra associazione.
Laboratorio “ Pitture nella preistoria” curato dalla dott.ssa Paola Dantoni
Food experience con la Cesarina Marilù
Balli storici di CNDS SCHOOL “La Redingote” affil. Compagnia Nazionale di Danza Storica
Cosmetics Experience di Bio Boutique
Laboratorio di Cartapesta curato dai maestri Danilo Amico e Raimondo Russo
Laboratorio "L'officina del vasaio" di Stoà Sicula
Non sono mancate le esperienze culinarie e la degustazione di LemonSeltz e della Granita del Nevaroli grazie a Giuseppe Russo e Franco Patanè del Consorzio di tutela del Limone dell’etna IGP.
LemonSeltz di Giuseppe Russo
Dimostrazione della granita dei nevaroli di Franco Patanè
Infine, grande successo ha riscosso il Virtual Tour Santa Venera al Pozzo curato dal Team Acireale Laboratorio Multimediale con Gal Terre di Aci.
Virtual Tour Santa Venera al Pozzo curato dal Team Acireale Laboratorio Multimediale con Gal Terre di Aci
Non ci resta che rivolgere un ringraziamento anzitutto a tutti coloro che si sono spesi per il successo del festival e che hanno reso possibile l’organizzazione di questa nuova edizione. Un grazie all’Amministrazione comunale di Acireale, che ha collaborato con noi inserendolo all’interno del programma Acireale E20 Marzo, il mese della cultura. Grazie anche al GAL Terre di Aci per aver messo a nostra completa disposizione i visori per la realtà virtuale e tutta l’attrezzatura utile al corretto svolgimento dell’esperienza. Grazie ai relatori e ai vari esperti del settore che hanno accolto il nostro invito guidandoci nel corso delle due giornate con il loro prezioso contributo. Infine, grazie a tutti coloro che hanno partecipato al festival, dimostrando di credere nel valore del nostro patrimonio culturale e nel potenziale sviluppo turistico della nostra città.
Non ci resta che ringraziarvi tutti per aver contribuito al successo di questa edizione e darvi appuntamento all’anno prossimo.
Il turismo è ormai cambiato. Non si tratta più solo di visitare un luogo, ma di viverlo e scoprirlo attraverso esperienze capaci di lasciare un segno indelebile.
È proprio su questa idea che fonda le proprie radici l’Aci Cultural Festival, giunto alla sua terza edizione, che si terrà ad Acireale (CT) il 15 e il 16 marzo 2025.
Dopo il successo delle due precedenti edizioni, promosse dall’Associazione Culturale Stoà Sicula, il festival torna ad Acireale, puntando ancora una volta sul turismo esperienziale e sulle nuove tecnologie, utili strumenti di valorizzazione del ricco patrimonio culturale siciliano.
Nel corso delle due giornate, Acireale diventerà sede di un’esperienza che unisce innovazione e tradizione. L’evento vedrà il coinvolgimento di istituzioni, enti pubblici, associazioni culturali, esperti del settore, produttori locali, imprese, privati e appassionati di cultura, con l’obiettivo di creare una rete di collaborazione per sviluppare nuove strategie di crescita per il turismo siciliano.
Tra i temi chiave del festival troviamo: realtà aumentata e virtuale, laboratori di artigianato, percorsi enogastronomici e nuove moderne tecnologie emergenti, come la stampa 3D applicata alla valorizzazione del patrimonio artistico. Naturalmente, oltre alle già citate esperienze, non mancheranno momenti dedicati al dibattito e alla scoperta del territorio delle Aci e della provincia di Catania.
Non ci resta che darvi appuntamento presso la Sala Pinella Musmeci della Villa Belvedere di Acireale, con un programma che si sviluppa tra il pomeriggio di sabato 15 marzo dalle ore 16.30 alle ore 19.00 e l’intera giornata di domenica 16 marzo dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00.
L’evento è realizzato in collaborazione con il comune di Acireale nell’ambito delle iniziative E20 “Marzo il mese della cultura”.
Per chi ama la Sicilia e vuole scoprire nuovi modi di viverla, l’Aci Cultural Festival sarà un’esperienza imperdibile.
Vi aspettiamo!
“Nos Jurati universitatis Jacis a voi Antonino di Miuchio nostro tesoriero vi dicimo et ordiniamo che (…) per li Patri Capochini mandatochi questi festi di carni livari prossimo passato cioè per vino et carni”. Questa la prima testimonianza del Carnevale di Acireale, un documento del 1594.
Ebbene sì, la festa più amata dai bambini (ma anche dagli adulti) ha origini molto antiche e molto diverse dalla festa di oggi: niente carri, luci, coriandoli… noioso, vero?
No, nulla di noioso!
Si trattava di un carnevale differente ma pur sempre allegro, anzi forse un po' pericoloso: lo testimonia un documento del 1612 della corte criminale che vietò il lancio dei limoni e delle arance contro le persone durante il periodo carnevalesco. Questo divieto fu necessario perché nel Seicento il Carnevale di Acireale era molto simile al Carnevale odierno di Ivrea: le persone, per goliardia, si lanciavano addosso gli agrumi rendendo davvero pericolosa la passeggiata in centro.
A causa di questo divieto il Carnevale si concentrò sulle maschere (in questo simile alla festa veneziana), divenendo una manifestazione satirica: si scherniva, in tal modo, sia la nobiltà che il clero, usanza che continua ancora oggi con la satira su politici e personaggi famosi. Anche all’epoca i personaggi scelti non erano casuali, tra questi vi era l’Abbatazzu (l’abate), la maschera più antica, caratterizzata sempre da grandi parrucche bianche, abiti damascati e un grosso libro.
Nel 1693 un evento irreversibile trasformò e cambiò per sempre la città, un terremoto distrusse l’intera Sicilia orientale, e decretò un lungo periodo di lutto in cui non si svolse il Carnevale. Proprio come qualche anno fa per il Covid!
Ma grazie al grande fermento venutosi a creare con la ricostruzione post-sisma, il Carnevale riprese con grande vigore portando alla nascita di nuove maschere: con U Baruni, la satira tornò dirompente prendendo di mira tutte le famiglie nobiliari della città, invece I Manti era un costume che permetteva l’anonimato grazie al lungo mantello di seta nera.
Nel 1880 si costruirono i primi carri di cartapesta. L’idea di istituire i primi carri allegorici venne concretizzata da Papa Alessandro VI Borgia tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. In Sicilia il primo carro allegorico venne realizzato nel 1601 a Palermo e il soggetto rappresentato era il dio Nettuno.
Ad Acireale i primi carri vennero realizzati quasi un secolo e mezzo dopo grazie alle grandi botteghe di artigiani della città che lavoravano la cartapesta. Da allora il Carnevale di Acireale ha mantenuto la stessa tradizione fino ai giorni d’oggi.
Dal 1930 vennero introdotte le macchine infiorate, ovvero auto addobbate di fiori, che nel corso del tempo si trasformarono in veri e propri carri.
La storia del Carnevale di Acireale, oltre che antica è affascinante, negli anni ha subito, dunque, diverse trasformazioni: da un carnevale simile a quello di Ivrea e poi di Venezia fino alla festa che conosciamo oggi: delle vere opere d’arte che percorrono le vie del centro storico ammaliando con movimenti, luci e musiche adulti e bambini.
Insomma l’aria di festa è contagiosa e fa riemergere il fanciullino che è sempre in ognuno di noi!