Nonostante il Natale sia passato già da un pezzo ci tenevamo a raccontarvi la straordinaria esperienza vissuta dalla nostra associazione culturale.
Dall’8 dicembre e per tutto il periodo natalizio abbiamo avuto modo di mostrare e raccontare ai tanti visitatori il fascino e la maestria presente in alcuni antichi presepi napoletani e pugliesi situati nella città di Acireale.
L’arte dei presepi folcloristici si è tramandata sin dai tempi più antichi, soprattutto nell’area napoletana. Difatti, proprio nel Regno di Napoli dal 1400 si diffuse la consuetudine di allestire il presepe all’interno delle chiese, consuetudine affermatasi poi in modo concreto alla metà del XVII secolo.
Accompagnare i visitatori scrutando in modo attento i dettagli e le curiosità celate dietro ad ogni presepe ci ha permesso di vivere nel miglior modo possibile questa fantastica esperienza.
Tra le numerose mostre dei presepi presenti nella città di Acireale, le nostre visite hanno avuto luogo presso la cripta della Basilica di San Sebastiano, nella quale è stato allestito un monumentale presepe napoletano, e presso il Raciti Palace, palazzo di fine Ottocento, che custodisce al suo interno una collezione privata composta da antichi presepi di pregevole fattura napoletana e pugliese.
Nel presepe allestito all’interno della cripta ad essere grande protagonista è la Napoli settecentesca con la sua storia, i suoi colori e le sue tradizioni. Realizzato dagli artisti della famosa bottega napoletana dei Ferrigno di via San Gregorio Armeno, il presepe vuole mettere in scena non solo gli aspetti tipici della religiosità cristiana, quali la nascita di Cristo e il corteo dei Magi, ma anche i mestieri, le vicende storiche e gli aspetti di vita quotidiana dei cittadini napoletani del Settecento.
I presepi all’interno del Raciti Palace, quest’ultimo riccamente decorato in occasione del Natale, sono quattro: tre di fabbrica napoletana e uno di fabbrica pugliese. Quest’ultimo si differenzia da quello napoletano per le sue dimensioni, di gran lunga maggiori, e per la fattura degli abiti dei personaggi realizzati in cartapesta e fibre naturali. I personaggi dei presepi napoletani, invece, oltre ad avere dimensioni molto contenute, sono anche piuttosto atipici e con tratti tipicamente meridionali, in quanto particolarmente vicini alla realtà quotidiana.
Nonostante le difficoltà dettate dall’emergenza pandemica e l’impossibilità di vivere un Natale completamente sereno, gli sforzi organizzativi sono stati ampiamente ripagati e grazie agli sguardi affascinati ed entusiasti di grandi e piccini non possiamo fare altro che ritenerci soddisfatti.
Non ci resta che ringraziare i numerosi partecipanti che nel corso del mese natalizio hanno scelto di visitare i presepi con noi. Un ringraziamento speciale va al dottor Fabio Grippaldi per la fiducia avuta nei nostri confronti. Grazie ancora alla famiglia Raciti che per la seconda volta ci ha aperto le porte del proprio palazzo. Infine, grazie anche ai ragazzi del Liceo Classico “Gulli e Pennisi” e del Liceo Scientifico “Archimede” di Acireale che ci hanno dato un grande aiuto con le visite guidate.
Ci vediamo presto!
Si è conclusa lo scorso 7 novembre la XV edizione del Festival siciliano “Le Vie dei Tesori”, che quest’anno ci ha visti protagonisti nella città di Acireale.
Avevamo già preso parte al lavoro di accompagnamento dei visitatori nell’anno 2019 all’interno di siti di Acireale e di Catania, ma quest’anno essere parte dell’organizzazione ha avuto tutto un altro effetto!
Scegliere i luoghi adatti, dialogare con i giusti interlocutori, stabilire le soluzioni migliori per ciascuno non è stata un’impresa semplice. Per settimane, poche date le scadenze, abbiamo (letteralmente!) corso per la città perché essa stessa potesse essere raccontata nel modo migliore.
Ecco perché abbiamo scelto alcuni luoghi significativi tra chiese, musei e palazzi storici.
Tra le chiese abbiamo individuato la chiesa di San Benedetto, solitamente chiusa, dall’aspetto settecentesco. I suoi stucchi dorati hanno destato meraviglia tra gli ospiti.
Erano presenti nel circuito anche la chiesa di San Biagio (XVII secolo) e il chiostro del convento dei frati francescani del XVIII secolo, interamente affrescato e la chiesa di San Salvatore, sempre costruita nel XVII secolo e dipinta da un misterioso artista di cui resta solo la firma M.P.
I musei della nostra città non sempre vengono valorizzati a dovere, per questo motivo abbiamo scelto di aprire due dei più sottovalutati: il Museo del Carnevale nel quale è possibile scoprire una storia che è parte della città stessa attraverso i carri in miniatura, le sculture in cartapesta e le tecniche di produzione e la Mostra Permanente delle Uniformi Storiche nella quale l’esposizione di pezzi unici, donazioni dal re d’Italia e curiosità hanno, così, destato grande interesse nei visitatori.
Tra i tanti palazzi storici della città siamo riusciti a rendere fruibile il Raciti Palace: palazzo di fine Ottocento ai confini del quartiere nobiliare che coniuga oggi l’antico e il moderno sottolineando la sua sicilianità. La vista dalla terrazza è ciò che più ha meravigliato tutti, compresi noi stessi!
Tirando le somme possiamo dire che il lavoro è stato soddisfacente, ma soprattutto che ci siamo divertiti!
La nostra passione è passata, attraverso le nostre parole, a tutti coloro che hanno scelto noi e la nostra città. Non possiamo che essere estremamente grati per i complimenti ricevuti e per l’apprezzamento delle nostre visite.
Per settimane abbiamo ricercato informazioni e curiosità che potessero appassionare e affascinare chiunque.
A questo punto possiamo davvero dire, infatti, che il nostro obiettivo sia stato raggiunto!
Sebbene non siamo composti da un gruppo numeroso di soci, continueremo ad ampliare il nostro team per raggiungere maggiori e ancor più gratificanti risultati nei mesi a venire.
Non ci resta che ringraziare l’associazione palermitana e la nostra principale referente, la dott.ssa Teresa Saitta, senza la quale non avremmo avuto alcuna possibilità di dare vita a tutto questo. Grazie per aver creduto in noi.
Alla prossima!
Nei weekend dal 02 al 31 ottobre ci occuperemo di valorizzare la città di Acireale inserita nel circuito "Le vie dei Tesori - Catania 2021". - RECUPERO QUINTO WEEKEND sabato 6 e domenica 7 novembre
Ci siamo occupati della selezione dei luoghi che potrete visitare insieme ai noi.
Chiesa di San Benedetto
La chiesa era originariamente dedicata alla Madonna delle Grazie. Nelle sue vicinanze pare sorgesse un’edicola in onore di Sant’Agata, le cui reliquie furono trasportate nel 1126 da Costantinopoli a Catania. La chiesa deve l’aspetto attuale alla ristrutturazione di XVII secolo, dopo il terremoto del 1693. All’interno sono ancora visibili le tracce dell’antico monastero che era adiacente.
Giorni Apertura: sabato dalle 10 alle 13.30 e dalle 15 alle 17.30
Indirizzo: Via Davì , 29
Durata visita: 30 minuti
QUINTO WEEKEND sabato 6 e domenica 7 novembre
Chiesa e chiostro di San Biagio
La storia della chiesa e del convento di San Biagio risale al 1611. Oggi ai resti più antichi si affiancano i restauri subiti nel corso dei secoli. Il chiostro custodisce ancora gli affreschi sulla vita e i miracoli di San Francesco, opere del cosiddetto “sordo di Aci”. Al centro si scopre ancora l’antica cisterna, una delle poche testimonianze rimaste dopo l’ammodernamento.
La chiesa fu edificata nel XVI secolo, ampliata nel 1603 e restaurata più volte. Durante la peste del 1646 divenne lazzaretto. Dopo dieci anni fu dedicata al Monte Calvario: il Venerdì Santo da qui ha inizio la processione del Cristo Morto. Ospita bellissimi (e misteriosi) affreschi di autore ignoto, ci sono solo le iniziali, più tele realizzate da artisti locali ed alcune opere ottenute tramite lascito.
Il “più bel Carnevale di Sicilia”, nato nel 1594 ha un museo dedicato dove è possibile immergersi nella lavorazione dei carri, tra le ossature metalliche dei mascheroni, i calchi in gesso, bozzetti e carri in miniatura; e pezzi pregiati come il Rosone della Cattedrale Acese realizzato da Rosario Lizio e il particolare di Palazzo Musmeci, opera di Natale Longo.
All’interno del Palazzo municipale è ospitato il Museo delle uniformi, con pezzi che risalgono al XVIII secolo. La collezione apparteneva all’ingegnere Aldo Scaccianoce, e fu acquistata dall’ Assessorato regionale dei Beni Culturali nel 1988. È composta da alcuni esemplari unici in Italia e alcuni pezzi davvero di grande pregio, tra cui l’uniforme da Generale appartenuta allo Zar Alessandro III di Russia e quella da parata da Feldmaresciallo dell’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria.
Giorni Apertura: domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 17.30
Indirizzo: Via Ruggero Settimo, 20
Durata visita: 30 minuti
Giorni Apertura: Dal 9 al 31 ottobre tutti i sabati e le domeniche del festival alle 18.15, alle 19.15 e alle 20.15
Indirizzo: Via Galatea, 142
Durata visita: 1 ora
Giorni Apertura: sabato 9 e 23 alle 9.30
Indirizzo: Via Vittorio Emanuele II, 86/88
Durata visita: 1 ora e 30 minuti
Graffiti e dipinti dalle grotte
Tra le grotte preistoriche più conosciute in Europa vi è la grotta di Lascaux (Montignac, Francia), definita la “cappella Sistina” della Preistoria. Al suo interno sono state ritrovate pitture parietali interpretate come scene di caccia, o più recentemente rappresentazioni di costellazioni celesti viste dai nostri antenati.
Ma cosa li spingeva a realizzarle? Come lo si faceva in passato?
Proviamo a scoprirlo.
Quali soggetti riproducevano?
Solitamente le scene riprodotte dagli uomini preistorici erano molto semplici e legate alla loro quotidianità: oltre la caccia, tra le più comuni vi era la rappresentazione delle mani realizzate immergendole nel colore, soffiando con una “cannuccia” o tracciando il contorno con le dita sporche di colore.
Perché dipingevano e come?
Solitamente le ragioni di questi gesti vanno rintracciate nelle solite necessità umane di compiere riti propiziatori o magici, ma magari anche per il puro piacere artistico.
Lo si faceva con le mani, con pennelli naturali ricavati da rametti e foglie o persino con la bocca!
Quali colori utilizzavano?
Trattandosi di colori naturali ricavati da ciò che la natura metteva a disposizione non vi era molta varietà cromatica. Ma tra i colori più comuni troviamo:
NERO: carbone
ROSSO: ocra rossa
GIALLO: ocra gialla
BIANCO: argilla macinata
MARRONE: minerali che diventano scuri all’aria aperta
Altre forme d’arte
L’arte preistorica poteva assumere diverse forme: abbiamo detto della pittura ma vi erano anche i graffiti e le impressioni. Spesso si trattava di forme geometriche realizzate su vasi in ceramica.
Per saperne di più e provare con mano cosa si prova a dipingere con i colori naturali e con strumenti antichi, il nostro laboratorio di Preistoria potrebbe fare al caso vostro!
La storia della Sicilia è stata particolarmente influenzata dalle varie civiltà che si sono affermate nel corso dell’antichità sviluppando e arricchendo una moltitudine di valori, tradizioni e culture.
Nell’estremità occidentale della Sicilia svetta una montagna che sovrasta la città di Trapani, si tratta del monte Erice. Le sue origini appaiono strettamente legate al santuario dedicato al culto della dea Venere, qui venerata con l’appellativo di “Ericina”.
I legami tra la dea e la cittadina di Erice hanno radici antichissime che affondano le proprie basi direttamente nel mito. Secondo la leggenda, la città di Erice sarebbe stata fondata da Eryx, re degli Elimi, figlio di Bute e della dea Venere, che, concepito sulle rive della vicina Lilibeo, avrebbe fatto costruire, in onore della madre, un tempio sulla cima di un monte che avrebbe dominato l’intero settore occidentale dell’isola.
Figura 1. Rappresentazione della dea Venere (Foto da https://ventoditrapani.altervista.org/venere-ericina/)
LA FESTA
I riti
Il 23 aprile in Sicilia ricorreva la straordinaria festa in onore della Venere di Erice. Si trattava della celebrazione della carica sessuale della dea e nel corso dei festeggiamenti veniva praticata la prostituzione sacra: un rito di importanza notevole in quanto avrebbe propiziato la fertilità delle terre e l’abbondanza dei raccolti.
Durante la celebre processione le donne erano solite offrire alla dea grandi mazzi di giunco, mirto e rose, chiedendo in cambio salute e bellezza. Ma il rito principale della giornata consisteva nella liberazione verso il cielo di nove colombe bianche allevate direttamente all’interno del tempio stesso.
Le origini
Il culto della Venere Ericina ha origini tipicamente orientali, lo apprendiamo grazie allo svolgimento del rito della prostituzione sacra, ampiamente praticata da diverse popolazioni quali, Sumeri, Armeni, Babilonesi ed Egizi. Tale pratica, infatti, appariva connessa ad importanti divinità femminili come Inanna, Ishtar e Astarte per poi diffondersi in Grecia con il culto di Afrodite e a Roma con quello di Venere.
La prostituzione sacra
La prostituzione sacra ad Erice era praticata dalle Ierodule, su cui gravava l’obbligo di unirsi sessualmente ad ogni viaggiatore o pellegrino che, scalato il monte, avrebbe offerto doni alla divinità. Le Ierodule, in quanto servitrici della dea, non potevano innamorarsi e non potevano neppure provare sentimenti affettivi. Il termine con le quali venivano chiamate proveniva da “Ierodula”, nome con cui veniva riconosciuta in tutto l’Oriente la dea Ishtar, divinità diffusa tra i Sumeri. Si tratta di un chiaro riferimento alla tradizione e religiosità orientale.
IL CULTO AL DI FUORI DELL’ISOLA
Al di là dello svolgimento di tale pratica, nel corso dei secoli il culto della Venere Ericina assunse proporzioni sempre maggiori che portarono a tramutare il santuario siciliano nel più importante, conosciuto e frequentato dell’intera isola. La fama del santuario, infatti, era ben nota in tutto l’impero. Vi sono tracce della devozione alla Venere Ericina in Sardegna, a Cartagine e a Sicca Veneria, l’odierna El Kef nell’attuale Tunisia. Qui, esisteva un santuario, che la fonte Solino voleva fondato dai Siculi e dove, secondo una leggenda, la dea si recava ogni anno scortata dalle colombe per poi fare ritorno a Erice dopo nove giorni. Secondo la tradizione il tempio tunisino doveva essere gemellato con quello siciliano e in occasione dei festeggiamenti in onore della dea, le colombe bianche liberate dal tempio ericino sarebbero giunte in Tunisia, per poi dopo nove giorni ritornare indietro.
Tuttavia, tra i vari popoli saranno principalmente i romani ad omaggiare maggiormente il santuario e la dea. Diodoro Siculo, ci informa, infatti, come una legge del senato romano stabiliva che 17 città siciliane dovevano versare un’offerta in oro al tempio. Ben presto, infatti, il culto della dea di Erice giunse fino a Roma dove furono eretti due templi: uno sul Campidoglio e l’altro presso la Porta Collina. Per celebrare il gemellaggio sacro tra Erice e Roma, la statua colossale della dea venne portata in processione nel 211 a.C., fino alla capitale. Di essa oggi se ne conserva solo la testa, ribattezzata dagli archeologi con l’appellativo di Acrolito Ludovisi.
Figura 2. Acrolito Ludovisi, testa colossale della Venere Ericina (Foto da https://museonazionaleromano.beniculturali.it/palazzo-altemps/collezione-boncompagni-ludovisi/)
TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE
Tra i dati materiali che confermano l’importanza del culto romano nei confronti della Venere Ericina troviamo il rinvenimento di monete repubblicane risalenti al 57 a.C., nelle quali appaiono rappresentati il volto della dea nel diritto e il tempio siciliano nel rovescio.
Figura 3. Moneta romana raffigurante il busto della Venere nel diritto e il tempio sul monte Erice nel rovescio (https://www.wikiwand.com/it/Tempio_di_Venere_Erycina_(Erice))
Rilevanti interventi di restauro al tempio e un rinnovamento cultuale avvennero nel corso dell’impero di Tiberio. L’imperatore, in quanto appartenente alla gens Iulia, dunque, secondo il mito, discendente proprio da Venere, volle omaggiare la propria progenitrice attraverso la realizzazione di un imponente progetto edilizio. Tuttavia, i lavori vennero ultimati successivamente dall’imperatore Claudio. Per quanto concerne la struttura edilizia, gli scavi svolti nel 1932 hanno attestato che esso doveva essere di modeste dimensioni e verosimilmente di forma circolare.
IL NOME DELLA DEA
Il primo santuario sul monte risalirebbe all’VIII secolo, quando il popolo degli Elimi eresse il tempio in onore di una divinità femminile protettrice della fecondità. A sua volta, il nome della dea subì dunque i cambiamenti linguistici imposti dal succedersi delle varie culture: la fenicia Astarte fu sostituita dalla greca Afrodite e infine dalla romana Venere, ma tutti e tre questi nomi saranno sempre accompagnati dall’appellativo “Ericina”. Appellativo che ne indica la peculiarità del culto siciliano nei confronti della dea e del suo relativo rituale, tuttavia caratterizzato, come visto, da un forte riferimento di origine orientale, come orientale era del resto la provenienza della stessa dea, che verosimilmente affonderebbe le proprie radici in epoche ancora più antiche: all'accadica Inanna e alla sumerica Ishtar. Il volo delle colombe e soprattutto la prostituzione sacra praticata dalle Ierodule sono, infatti, tutti aspetti rituali riscontrabili a Babilonia, a Paphos, a Cnido e in altre località particolarmente note per la presenza di santuari dedicati alla dea.